In occasione della mostra "Vivono. Arte e affetti, HIV-AIDS in Italia. 1982-1996", a cura di Michele Bertolino, il Centro Pecci presenta una rassegna cinematografica di opere legate all’epidemia di HIV-AIDS e al suo contesto politico e culturale a cura di Michele Bertolino, Matteo Giampetruzzi e Luca Barni. In dialogo diretto con la mostra, l'esperienza dell’AIDS e la convivenza con l’HIV non sono (solo) il contenuto delle opere presentate, ma il punto di partenza del loro discorso, la posizione dalla quale cineasti e cineaste guardano il mondo e si interrogano sui corpi, sul sesso, sulla malattia, sul concetto di cura, sulla perdita, sulla memoria. Questa rassegna, dunque, non propone tanto una panoramica sulle rappresentazioni cinematografiche dell’HIV-AIDS, ma piuttosto, al contrario, prende le mosse da una riflessione su come l’HIV e l’AIDS abbiano attraversato e contaminato il mezzo cinematografico. Perché, se l’AIDS «richiede e si interseca con un ripensamento critico di tutta la cultura: del linguaggio e della rappresentazione, della scienza e della medicina, della salute e della malattia, del sesso e della morte, e delle sfere del pubblico e del privato» (Douglas Crimp), al centro di questa rassegna non può che esserci un cinema militante e degli affetti, che si lascia attraversare dal contesto epidemico per trasformarsi e farsi territorio del desiderio e dell’azione politica, dispositivo di cura e mutuo aiuto, strumento di memoria collettiva e comunitaria.
Il programma, che comprende dodici opere e si articola in otto appuntamenti, da novembre 2025 a maggio 2026, è un caleidoscopio di visioni eterogenee: film di finzione, documentari, opere saggistiche, diaristiche e sperimentali, video militanti e una commedia musicale. Si concentra sui lavori di attivistə come Gregg Bordowitz (Fast Trip, Long Drop, 1993), David Wojnarowicz (Fear of Disclosure, 1989, co-diretto con Phil Zwickler) e Alexandra Juhasz (We Care, video partecipativo del 1990) – che hanno fatto del video uno strumento di azione politica – e su quelli di figure fondative del cinema queer come Arthur J. Bressan Jr (Buddies, 1985), John Greyson (Zero Patience, 1993) e, in Italia, Ottavio Mai (Partners, 1990). Questi film e video furono tutti realizzati al di fuori delle strutture tradizionali di produzione cinematografica, in contesti indipendenti o underground, ergendosi come alternative radicali alle narrazioni stigmatizzanti delle rappresentazioni mainstream. Nell’intenzione di attivare un dialogo con il presente, queste opere fondamentali, realizzate tra gli anni ‘80 e '90, nel punto più critico dell’epidemia di AIDS, sono accostate ad altre produzioni più recenti, che raccontano quel passato e ne rileggono l’eredità politica e culturale con sguardo volto al presente (e al futuro). È il caso del magnifico film di montaggio Artistes en zones troublés, realizzato nel 2023 da Stéphane Gérard insieme al pioniere del cinema queer francese – scomparso di recente – Lionel Soukaz, a partire dai materiali video girati da Soukaz nel pieno dell’epidemia, o del pluripremiato 120 battiti al minuto (2017), dramma di Robin Campillo sulla realtà dell’attivismo di Act Up Paris. Me Cuido, video realizzato nel 2020 dal collettivo cileno Las Indetectables nell’ambito delle iniziative di Visual AIDS, mette in luce invece la violenza dello stigma che ancora circonda le narrazioni dominanti sull’HIV e il sex work, muovendo dalla convinzione che i temi dell’epidemia siano ancora attuali. Infine, sempre in linea con il focus della mostra, nella rassegna trovano spazio alcuni significativi film italiani, che restituiscono una testimonianza diretta dell’epidemia di AIDS (come il documentario Più o meno - Il sesso confuso: racconti di mondi nell'era AIDS, o il video di Mai, Partners) o che ci aiutano a inquadrare, anche trasversalmente, quel contesto (come il celebre Amore tossico e La fine che non ho fatto, documentario su Nino Gennaro).
Le dodici proiezioni non offrono visioni rassicuranti, dove la memoria storica è svuotata del suo valore politico; propongono la (ri)scoperta di una complessa e stratificata storia collettiva, di un archivio ancora vivo di corpi e sentimenti, impresso su pellicola o sulla texture low-fi del VHS: questi film sono testimonianze, elegie militanti, atti commemorativi, storie di resilienza e resistenza, di amore e amicizia, solidarietà e lotte condivise, ma anche, e soprattutto, antidoto agli immaginari stigmatizzanti che ancora proliferano intorno a noi.
testo di Matteo Giampetruzzi
Programma
Venerdì 7 novembre 2025
- H 20:00 — Fast Trip, Long Drop (Gregg Bordowitz, USA, 1994, 54’, v.o.s.)
 - H 21:00 — Buddies (Arthur J. Bressan Jr., USA, 1985, 81’, O.V. con sott. IT)
 
Lunedì 1 dicembre 2025
- H 21:00 — Partners (Ottavio Mai, Giovanni Minerba, Italia, 1990, 60’, italiano)
 
Venerdì 9 gennaio 2026
- H 21:00 — We Care: A Video for Careproviders of People Affected by AIDS (Alexandra Juhasz, WAVE, USA, 1990, 32’, v.o.s.)
 - a seguire — Artistes en zones troublés (Lionel Soukaz, Stéphane Gérard, Francia, 2023, 39’, v.o.s. | sottotitoli IT a cura di Unione Culturale Franco Antonicelli)
 - a seguire — Me Cuido (Las Indetectables, Cile, 2020, 6’, v.o.s.)
 
Venerdì 6 febbraio 2026
- H 20:00 — Fear of disclosure (David Wojnarowicz, Phil Zwickler, USA, 1989, 5’, ENG)
 - 21:00 — Zero Patience (John Greyson, Canada, 1993, 100’, v.o.s.)
 
Venerdì 6 marzo 2026
- H 21:00 — Amore tossico (Claudio Caligari, Italia, 1983, 86’, italiano, V.M. 14)
 
Venerdì 3 aprile 2026
- H 20:00 — La fine che non ho fatto (Ruben Monterosso, Federico Savonitto, Italia, 2011, 66’, italiano)
 - H 21:00 — Più o meno – Il sesso confuso: racconti di mondi nell’era AIDS (Andrea Adriatico, Giulio Maria Corbelli, Italia, 2010, 92’, italiano)
 
Venerdì 8 maggio 2026
- H 21:00 — 120 battiti al minuto (Robin Campillo, Francia, 2017, 135’, v.o.s.)
 
