1560. La ricerca dell'El Dorado spinge Pizarro a inviare un manipolo di soldati in esplorazione, guidato da Don Pedro de Ursua e dal vicecomandante Aguirre. Di fronte alle prime difficoltà e perdite umane, Ursua decide di tornare da Pizarro e finire la missione, ma Aguirre guida un ammutinamento contro di lui e nomina Don Guzman imperatore di El Dorado. La ricerca della terra favoleggiata spinge gli spagnoli tra le braccia di indios cannibali e verso una carneficina, ma Aguirre non smetterà di credere in impossibili sogni di grandezza.
Bastano pochi minuti di film perché Aguirre furore di Dio mostri la sua dimensione di vero, grande poema epico sul tema della brama di denaro e di potere. Attraverso immagini incredibilmente potenti (tra le più visionarie mai concepite dall’autore più visionario della storia del cinema tedesco moderno) si snoda infatti una riflessione che assurge alla dimensione di uno stringente apologo filosofico alla von Stroheim. In esso il protagonista, un egotico conquistador che si perde nel paesaggio amazzonico in cerca della chimera di ricchezze leggendarie, esemplifica e fa proprie tutte le contraddizioni dell’Uomo occidentale. Follia e morte si rincorrono dunque secondo una logica fortemente debitrice dei più alti risultati della Kultur tedesca, in un percorso dove l’inaccessibilità di una Natura inviolabile e gli attacchi di un nemico invisibile diventano lo specchio distorto entro cui l’umanità vede riflessa il proprio desiderio di conoscenza e la propria sete di sopraffazione.
