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Egon Schiele: Tod und Mädchen

FILM



30 novembre— 6 dicembre 2017

 di Dieter Berner; (Aut-Lus, 2016;  110'; vers. orig. sott.)

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informazioni

All'inizio del XX secolo, Egon Schiele è uno degli artisti più innovativi provocatori di Vienna. La sua vita e il suo lavoro suscitano scandalo e sono influenzati dalle belle donne e da un'era che sta per finire. In particolare, due donne sono le sue vere muse ispiratrici: la sorella minore Gerti e la 17enne Wally, probabilmente l'unico vero amore dell'artista, immortalata nel celebre dipinto "La morte e la fanciulla".

 

Mentre i dipinti di Schiele scandalizzano la società viennese, portando l’artista anche in tribunale con l’accusa di abuso su minore e di “pornografia”, artisti coraggiosi come Gustav Klimt e addetti ai lavori del mondo dell'arte comprendono di essere di fronte a un artista eccezionale. Ed Egon Schiele, in nome della sua arte, è pronto ad andare oltre il proprio dolore e a sacrificare l'amore e la vita, facendo del dolore e del suo disagio esistenziale, la cifra stilistica che lo consacrerà tra i maggiori interpreti dell’Espressionismo.. 


Pupillo di Gustav Klimt, Egon Schiele, di cui ricorrerà il centenario della morte nel 2018, è stato l’esponente di punta del primo espressionismo viennese. Un fascino conturbante avvolge la sua breve vita. Caratterizzato da un talento precoce, morto all'età di 28 anni, ha lasciato una produzione impressionante tra dipinti a olio, acquerelli e disegni. Egon Schiele incarna alla perfezione la figura di genio maledetto e tormentato 


A dar volto a Schiele è stato chiamato Noah Saavedra, un po’ troppo bello per il ruolo, ma la magia del cinema è anche questa. Il film si ispira al romanzo “Tod und Mädchen: Egon Schiele und die Frauen” di Hilde Berger. (Artslife.com)

 


Dall’intervista al regista Dieter Berner a cura di Karin Schiefer
Trovammo ciò che cercavamo nel suo particolare rapporto con la sessualità e il suo modo anticonvenzionale di relazionarsi alle donne che sceglieva come modelle. È la storia di un uomo che ha letteralmente consumato la sua vita in soli 28 anni, durante i quali ha creato opere per vedere le quali oggi la gente paga moltissimi soldi, opere in cui lui metteva tutto se stesso. (...)
Il suo lavoro mi ha sempre interessato ma non avevo mai pensato a un film. Solo conoscendo l’uomo Egon Schiele e la sua relazione con l’arte, attraverso Hilde Berger, ho iniziato a pensare ad un film nel quale raccontare cosa la pittura può significare per un uomo. Per Schiele la pittura era quasi un surrogato della realtà, fin dal principio. Da bambino non era molto bravo a scuola e spesso non faceva i compiti perché passava il tempo a disegnare. Era il suo modo per interpretare il mondo, attribuendogli un senso tutto suo. La sorella una volta disse che nei periodi di difficoltà Egon andava a rifugiarsi sulle rive del Danubio a disegnare.


Deve aver avuto un pessimo rapporto con il padre e il fatto che, a causa di questo o nonostante ciò, sia diventato un grande artista, è stato un aspetto molto interessante di cui tener conto nel raccontare la sua storia. Fin dall'inizio, la mia idea è stata quella di aprire il film con l’immagine delle fiamme che bruciano oggetti: Schiele era un giovane infuocato di passioni e genialità ma anche il fatto che il suo stesso padre, in un raptus di follia avesse gettato tutti gli averi di famiglia nel fuoco, è un evento che deve averlo fortemente segnato… non ha mai dato molto importanza al denaro.  Non permise mai a se stesso di avvicinarsi a quello che era considerato più popolare al tempo o quello che sarebbe stato più facile da vendere. È rimasto legato ai suoi valori fino alla fine.


Per me la giovinezza rappresenta la parte più drammatica della vita. La vedo come una battaglia per marcare il territorio, che ogni generazione deve combattere per ottenere il proprio spazio. Mi definirei un sessantottino: la mia generazione era alla ricerca di un nuovo modo di confrontarci con il mondo, lo sentivamo come un dovere, soprattutto dopo quello che i nostri genitori avevano passato durante la guerra, che fu per loro anche trasformare il passato in un taboo. La nostra missione era quella di trovare qualcosa di nuovo da dire, una nuova forma di espressione. Come avremmo dovuto vivere le nostre vite? Quali erano le cose importanti? Quali i nuovi valori, in nome dei quali affrancarci dal nostro passato fascista? Questo è quello che mi accomunava alla generazione di Schiele. Anche loro avevano la netta percezione che il mondo non poteva perpetrare l’ordine mantenuto fino a quel momento e la loro reazione fu quella di inventarsi nuove idee e nuovi modi per esprimerle. Quelle idee non potevano venire dal governo, per questo ci fu quell'incredibile risveglio della gioventù e in quell’epoca in Austria si raggiunsero alcuni dei più grandi risultati di tutti i tempi nelle scienze, nelle arti e nella medicina.


Sappiamo che Schiele era un accanito lettore e che nell'era di Sigmund Freud la scoperta della sessualità era un argomento molto discusso dalla società. Un altro tema molto vicino a Schiele era la follia: la pazzia di suo padre ha sicuramente influito molto sulla sua vita e sulla sua visione del vivere e le sue immagini riportano spesso riflessioni sulla morte e la decadenza. Lui stesso aveva una personalità vibrante e complessa e si conoscono numerose relazioni con donne diverse.


Ha dato al corpo nuove significati espressivi attraverso i quali cercava di raccontare delle storie… Schiele si chiedeva, come farebbe un regista, quali erano i “gesti parlanti” o i momenti visibilmente interessanti e li catturava nel suo album di schizzi. Le sue immagini sono costruzioni elaborate e mai fatte a caso.
Quando si lavora a un film incentrato su un pittore inevitabilmente ci si scontra con la domanda “in che posizione collochiamo l’opera”? “Che significato ha”? Ovviamente ce lo siamo chiesti anche con Schiele. E abbiamo scoperto che era anche fotografo e le sue foto dimostrano come spesso usasse pose inusuali. In pratica inventò qualcosa di nuovo, delle nuove pose espressive. Ha dato al corpo nuove significati espressivi attraverso i quali cercava di raccontare delle storie. Cosa può dire il solo corpo di noi come persone? Sicuramente è una domanda molto interessante per qualsiasi regista e volevamo approfondire questo spunto nel film. Come si fa ad inventare delle nuove posizioni espressive per il corpo? In qualche modo era una modalità di dirigere una scena e, in questo senso, i pittori si possono considerare i registi delle loro opere. (Artslife.com)

 

 

Quando

giovedì 30 novembre ore  19.00

venerdì 1 dicembre ore 21.15

sabato 2 dicembre ore 21.15

domenica 3 dicembre ore 17.15

mercoledì 6 dicembre ore 18.30

 

Ingresso

Intero € 6

Ridotto € 4,50




Dove
Cinema - Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci

Viale della Repubblica, 277, Prato 


Quando

giovedì 30 novembre ore  19.00

venerdì 1 dicembre ore 21.15

sabato 2 dicembre ore 21.15

domenica 3 dicembre ore 17.15

mercoledì 6 dicembre ore 18.30

 

Ingresso

Intero € 6

Ridotto € 4,50



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